Costa Smeralda: la Sardegna che non è più Sardegna

“Adesso dobbiamo guardare anche noi cosa c’è di così bello…”

Da sarda un po’ mi vergogno di dire che non conosco la Costa Smeralda. E’ che non l’ho mai considerata Sardegna, che di sardi e di cose isolane autentiche lì se ne vedono davvero poche. Ci sono stata un paio di volte (un paio all’italiana e non alla sarda), la prima in inverno, la seconda in estate e lo ripeto, non è Sardegna. Non che non sia bella, non che non sia ricca, più semplicemente non mi sento a casa, e ad un isolano non dovrebbe mai capitare di non sentirsi a casa propria mentre accarezza la sua terra.

[adsenseyu1]

Basta spostarsi di qualche chilometro, e l’isola, come lichene aranciato dal sole, si riprende il suo spazio, e lo colora delle sue armonie, ma il cuore della movida, del lusso, delle spiagge hot, quella è zona a cui non sento d’appartenere.

E dopo la notizia che Briatore lascerà l’isola (mai troppo presto) mi sono domandata, ma com’è che la Costa di Smeraldo non è più sarda?  Perché un tempo, te lo assicuro era autentica e fiera, dannatamente affamata e bella. Una poverella dagli abiti stracciati, dai fianchi morbidi e dalle labbra gustose e con due occhi che a fissarli intensamente ti sembravano di smeraldo. Erano troppo belli quegli occhi per non attrarre l’attenzione di chi l’avrebbe sfamata.

D’improvviso è arrivato Karim Aga Khan, sono arrivati i soldi e quella costa di granito e ginepro, solitudine e capre è diventata la Costa Smeralda. Proprio l’altro giorno sono inciampata in questo video e la curiosità si è fatta un po’ più consapevolezza. E’ Giselle Podblieski a raccontare con quel suo accento un poco fastidioso gli esordi della Costa Smeraldina, ma sono soprattutto i sardi a ricordare la loro terra, così come era prima e dopo gli anni 60.

Quelli che provenivano da oltre mare erano colpiti dalla Sardegna perché terra di conquista eppure a pochi passi dall’Europa ricca, lussuosa, turistica, priva di qualsiasi avventura. Insomma si sentivano dei pionieri in quell’isola da civilizzare, e forse pionieri lo erano per davvero e la conquista a conti fatti ha portato i propri frutti, che purtroppo  non erano esattamente quelli che ci si aspettava.

[adsenseyu1]

E’ stato specialmente il legame, di cui Giselle racconta, instaurato fra i sardi ed i “conquistatori” ad interessarmi: sentendola parlare ho avuto modo d’intuire come la Sardegna ancora oggi venga vista da chi non ci è nato. Bella, terra di opportunità, forse non più per far denaro, ma almeno per trascorrere giorni felici e rilassati, lontani dal caos, eppure ancora da civilizzare. Perché dal caos si fugge, ma quando lo si è seminato, lo si ricrea a propria immagine e somiglianza.

Così Giselle ricorda la Costa Smeralda ancora Sardegna:

E lì abbiamo cominciato a vivere in una maniera molto molto primitiva. Che non c’era acqua corrente, la mia doccia era un tubo di giardino, per terra che io alzavo così per fare la doccia, non c’era luce, non c’era gas, non c’era un frigo, una vita veramente abbastanza difficile, insomma era duro…”

“Si sentiva davvero la miseria e anche le tracce della malaria… abbiamo fatto grandissima amicizia con questa gente che erano molto curiosi di sapere perché noi siamo venuti da lontano… per loro la vita di spiaggia non esisteva, non la conoscevano…”

“C’era una vecchia coppia Orecchioni, delle persone stupende, lui un uomo bellissimo… erano sempre seduti su una roccia guardando il paesaggio e dicendo – adesso dobbiamo guardare anche noi cosa c’è di così bello – allora a natale abbiamo regalato a loro un binocolo per guardare questo paesaggio ancora meglio”.

Tutto nella norma: alla bellezza ci si abitua facilmente e non la si considera poi tanto eccezionale se non dà di che mangiare e di che bere e per quanto siano passati più di cinquant’anni ancora in Sardegna non ci sono tante coppie Orecchini quando si vorrebbe, disposte a guardare cosa c’è di così bello qui, nella nostra isola.

Il filmato prosegue, le scoperte scioccanti non si fermano. Negli anni sessanta del secolo scorso furono messi in vendita interi comuni (di che mi sorprendo, oggi vengono messe in vendita isole e fari!) e i sardi, quelli della zona, iniziarono a sentire odore dei soldi non già guadagnati con il lavoro, quanto piuttosto ottenuti con la “svendita” della propria terra.

[adsenseyu1]

Fu una corsa all’oro e i primi che riuscirono a vendere, vendettero male e non furono capaci di gestire i soldi che ottennero. I racconti degli anziani galluresi intervistati mi hanno ricordato le leggende sui tesori: chi li trovava e si arricchiva senza lavorare, impazziva, si ammalava o non aveva la capacità di godersi le ricchezze ottenute. Il senso è sempre lo stesso, in Sardegna non ci si arricchisce facilmente, e non certamente vendendo la propria terra.

Così la vede un anziano della zona:

“…questo poveretto non conosceva cosa voleva dire i 5 milioni  allora. Si è dato alla pazza gioia, a fare il porto d’armi, a comprare delle moto potenti ai figli, vestiti di panno con le cartucce alle feste di campagna, se ne sono consumati i soldi, si poteva fare la casa e non se l’è fatta più. Poveretto, non conosceva cosa voleva dire milioni.”

Sarebbe troppo semplice dire che la Costa Smeralda non è più dei sardi a causa di Karim Aga Khan, troppo facile e forse nemmeno troppo corretto. D’altronde chiunque l’abbia conosciuto o abbia vissuto il periodo della sua conquista della Gallura, ne vanta la generosità, la gentilezza, la genialità.

“Poi ad un certo punto è arrivato questo benedetto uomo Aga Khan Karim e ha incominciato a girare tutta la bassa Gallura finché non ha trovato la Costa Smeralda, e si è avvicinato a guardare e ad incominciare se volevano vendere. Non gliene è sembrato vero, come quando si apre il cielo, la gente non è stata a guardare il prezzo quant’era, prima anche a trecento lire il metro quadrato la davano, per vedere soldi – Eh grazie a Dio ho fatto trecento mila lire – sembrava che ne era caduta un pezzo di nuvola dall’aria, mentre invece… poi…”.

D’altronde come dare torto ai sardi pastori e contadini di Gallura. Che ci fosse fame è indiscutibile come è indiscutibile che per un contadino e per un pastore i terreni fronte mare e le spiagge avevano un valore pari a zero, che non si coltivavano e non si pascolavano, e i progetti del “conquistatore”, se paragonati a quelli che sarebbero poi venuti, non erano male: ha portato benessere, turismo, attenzione sull’isola, in cambio ha preteso la terra.

Questi erano i progetti di Aga Khan Karim:

“Noi abbiamo fatto qualche sei mesi di ricerca sulla istoria di Sardegna per vedere quali sono le caratteristiche di struttura e architettura di Sardegna. Vogliamo fare uno sviluppo che prende tutte belle cose della istoria di Sardegna e le mettiamo sulla Costa Smeralda.”

“Noi voliamo fare uno sviluppo turistico che non è solo per il turismo di prima classe ma per tutti i turisti che devono passare vacanza qui in Sardegna. E’ una cosa importante per noi e la zona è tanto grande e vogliamo fare sviluppo su 55 km di costa.”

Ma per quanto fosse importante per loro, le cose poi non sono andate così e oggi un sardo che attraversa la Costa Smeralda, con difficoltà si sente a casa.

Il video si chiude con una riflessione di Giselle, che te lo confesso, alla lunga mi è diventata familiare:

“Abbiamo fatto tutta questa cosa certo anche come investitori e come uomini d’affari, ma c’era anche un enorme fattore affettivo e di amore per questo posto e la gioia di vedere questa trasformazione. Poi tanti che arrivano adesso e fanno dei grandi investimenti, mi sembra che a loro non importa niente dell’aspetto, gli importa degli affari, ma non come sarà l’aspetto del paese  dopo che loro saranno passati con le loro grossissime costruzioni. Si è trasformata la cosa da un certo senso di idealismo e senso di creazione ad un senso puramente di affari.”

Visto questo video, che te lo anticipo dura 50 minuti, ma davvero ben spesi, e scoperta qualcosa di più sulla storia recente della mia terra, sugli errori dettati dalla necessità e sul fascino che ancora esercitiamo sugli “altri”, mi mette i brividi leggere queste notizie: “Dopo l’incontro dei giorni scorsi tra l’emiro Al Thani e Karim Aga Khan in Costa Smeralda, gli uomini del Qatar continuano a muoversi nell’Isola per dare corpo ai progetti nati dalla recente acquisizione della Costa Smeralda. Un componente della famiglia reale del Qatar ieri ha visitato il Forte Village di Santa Margherita di Pula e non è escluso che possano esserci incontri anche con le autorità regionali.”, perché ho paura che oggi più di ieri, e non per fame o per necessità, i nostri dirigenti non ci penserebbero due volte prima di venderci al miglior offerente.

Ma la storia non dovrebbe insegnare come vivere il futuro? Ieri non potevamo essere imprenditori di noi stessi sulla nostra isola, ma oggi abbiamo le conoscenze e le capacità, e quale imprenditore venderebbe la materia prima della sua azienda? Quale pescatore venderebbe la sua canna da pesca? Quale scrittore la sua penna? Quale sardo la propria terra? Senza, penso io, saremmo tutti molto più poveri di come già non si sia, e senza la speranza di potersi arricchire.

“Il turismo delle volte passa sul cadavere degli antenati, non sempre le vie del turismo sono facili da percorrere, buona fortuna Sardegna.” 

Photo Credit: La Stampa

@Kalaris

5 Comments
  • elisa magario
    Giugno 22, 2012

    Claudia, un articolo bellissimo!!!!!!! grazie.

  • elisa magario
    Giugno 22, 2012

    Il video dove lo trovo?

  • Kalaris
    Giugno 22, 2012

    Grazie Elisa! Ecco qui il link del video: http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&s=17&v=9&c=4460&id=86001. A presto e buona visione!

  • Antonella
    Luglio 6, 2012

    La svendita della Sardegna mi ha sempre dato da pensare, finché, durante una vacanza in Corsica (che si è mantenuta “meglio”, più selvaggia anche se, devo dirlo, meglio organizzata) ho avuto…un’illuminazione.

    In Corsica mi è stato spiegato che da sempre le terre lungo il litorale venivano lasciate alle figlie, tramandate come dote o eredità di madre in figlia, visto che “non valevano niente”.

    Quando si cominciò ad ospitare turisti (anni 50/60 mi pare), le donne si ritrovarono proprietarie di terreni di valore. Non vendettero le terre a stranieri perché ci costruissero enormi complessi alberghieri, si arrangiarono invece da sole, costruirono soprattutto campeggi e piccoli hotel.

    Forse la Costa di Smeraldo era di proprietà di uomini, così come il resto delle coste? son poco pratici, gli uomini, anche a parità di livello culturale 😀

  • Massimo
    Giugno 5, 2014

    Non sono d’accordo, mi sembra che nessuno abbia portato via nulla, “tutto” e’ ancora li, certo tutto cambia, niente è’ come prima, noi dovremo giudicare il cambiamento, non mi sembra negativo, sopratutto se paragonato al cambi amento di tante altre zone della Sardegna, o forse mi potete suggerire zone ampie dove ritenete che il cambiamento portato dal turismo sia migliore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *