Ipotesi di viaggio: Sant’Antioco – Tratalias andata e ritorno

Nata a Cagliari e cresciuta nella bella città del sole, mi ha sempre affascinato l’idea che a pochi passi da casa, separato da un fine ponticello che attraversa una laguna brulicante di vita, ci sia un angolo di cielo, screziato di arancio e lichene, battuto dal vento, vivo di colori e mistero. Amo Sant’Antico, e per quanto non lo abbia mai detto, lei pure mi ama, già che tutte le volte che la visito mi strizza l’occhio ammiccante. L’ha fatto anche questo inizio di Maggio e pure se battuta da un vento impietoso, quello che solo le isole conoscono e amano, mi ha mostrato angoli di sé nascosti, belli di una bellezza audace, sincera, appagante, di quella che devi raccontare a tutti i costi.

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La Jacaranda

Il proprietario l’ho conosciuto qualche anno fa in occasione della pubblicazione di Creature Fantastiche in Sardegna. C’era in quel b&b qualcosa di intrigante che mi ha attirato fin da subito, sarà che adoro la Jacaranda, l’arbusto intendo, sarà che mi piace sempre conoscere, quando possibile, i miei lettori. Sarà quel che sarà l’occasione è saltata fuori proprio qualche settimana fa: Sant’Antioco era tutta intenta a festeggiare il suo Santo e io ho avuto modo di ritornare in quell’isola nell’isola che mi ha adottato, come una mamma dai fianchi larghi e dalle mani sporche di semola. Il b&b è bello come mi aspettavo, curato fin nei minimi dettagli, profumato di buono, e tutto ingioiellato di libri e di quadri che la moglie di Andrea, Chiara, tra un manicaretto e l’altro si diletta a confezionare. Piccola e piena la biblioteca della Locanda mi ha rubato il cuore, insieme con le istantanee di Sant’Antioco che galleggiano nella stanza, fra i tavoli, fra i libri.

Appena arrivati abbiamo scambiato due chiacchiere con Andrea, qualche consiglio sul cosa visitare e l’invito alla cena di quella sera, “piatti autentici, tipici, con tutto il profumo del mare”, ci ha promesso e in effetti così è stato. E già che questo era il secondo tour che facciamo con la nostra piccola Rebecca, Andrea ci ha consigliato di acquistare il Marrakkuciu. “Di cosa si tratta”, chiedo io. E lui sorride.

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Su marrakkòcciu

Se hai un bambino che sta mettendo i denti, o che i denti li ha già e sta imparando ad usarli, il marrakkòcciuti cambierà la vita. Mia figlia se n’è letteralmente innamorata e io sto pensando di preparargliene molti altri. E’ un dentaruolo in pane, di quel genere che deve aver intrattenuto i nostri nonni e bisnonni prima che saltassero fuori quelli in plastica, silicone, caucciù e chi più ne ha, più ne metta. Ho scoperto più tardi che la tradizione è di tutta la Sardegna, angolo più angolo meno, e che in alcuni casi si chiama marrakkòcciu (sa marra è la zappa, e la zappa tradizionalmente è associata simbolicamente ai nuovi dentini che saltano fuori) ma anche barrakkòcciu (sa barra è la mascella, e anche in questo caso ha a che fare con i dentini da latte, nuovi di zecca). Imparare qualcosa di nuovo sulle nostre tradizioni è sempre entusiasmante: ne ho portato a casa almeno quattro, tutta fiera della mia scoperta.

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Tratalias la città fantasma

E’ distante pochi giri di ruota da Sant’Antioco e il suo borgo storico nasconde più di un gioiellino. Se vuoi visitare la città fantasma non devi puntare in direzione di Tratalias centro, ma seguire le indicazioni per la sua chiesa, detta di Santa Maria. Fosse stato per i suoi abitanti quel borgo non sarebbe mai diventato fantasma, così ci ha raccontato la guida, ma la creazione del lago artificiale di Monte Pranu, creò grossi problemi alla cittadina fino ad allora piuttosto fiorente. I problemi erano di quelli non aggirabili: l’acqua, infiltratasi nel sotto suolo fino a raggiungere Tratalias è salita lentamente a galla fino ad inumidire pavimenti e muri di quella città che lentamente iniziò a sgretolarsi come zolletta di zucchero bagnata da gocce di caffè.

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La chiesa è la vera super star della città fantasma, uno strano incrocio fra romanico e gotico, tozza e forte nella sua struttura, ma che tende al cielo. La sua scala interna e sul frontone ha incuriosito chi la stava visitando con noi. “E’ una scala priva di funzionalità: il suo scopo è squisitamente simbolico di incentivo ai fedeli a raggiungere Dio”. Bello penso io, e penso pure che quei visitatori che insieme a noi calpestano il suolo della chiesa, potrebbero essere gli ospiti della Jacaranda. In effetti, chiamalo istinto chiamala bruxeria, sono loro gli altri ospiti di Andrea. Non sono sardi e quella è la loro ultima giornata sull’isola che lasciano con una certa malinconia, perché sì, il Mal di Sardegna è una cosa reale, con la quale tutti quelli che la visitano occasionalmente devono fare i conti. Sicché a cena si sono svolti tutti i rituali del caso, dell’ultimo mirto, dell’ultima sigaretta, dell’ultima occhiata alla luna sarda, che tutte queste cose ci sono anche oltre mare, ma gustarle sull’isola, gustarle a Sant’Antioco, è tutto un altro paio di maniche.

Scritto per http://jacarandiamo.blogspot.it/

Ancora su Sant’Antioco:

http://www.claudiazedda.it/sardegna-da-viaggiare-sant-antioco/

http://www.claudiazedda.it/itinerari-magici-il-faro-di-santantioco-che-poi-e-un-semaforo/

 

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