Tutto quello che mi ha insegnato la madre del pane

Le mie nonne non panificavano, non sfornavano civraxetti o coccoetti dalla bocca calda e secca di un forno fatto alla maniera dei sardi. Le mie nonne nemmeno ce lo avevano un forno sardo a casa. Le mie nonne il pane lo compravano in panificio, e così è stato anche per me, e per moltissimo tempo.

Il diritto alla lievitazione domestica me lo sono dovuta riconquistare, con le unghie e a suon di fallimenti.

Se mi avessero detto che con gli anni avrei conosciuto il lievito madre (a Cagliari framentu o axedu), che avrei sfornato dal mio forno elettrico sì, ma capace, del delizioso pane di grano duro e che avrei messo nella lista dei miei desideri il diventare proprietaria di un forno dalla bocca calda e secca, fatto alla maniera dei sardi, non ci avrei creduto.

Gli inizi non sono stati facilissimi, ma non mi sono arresa; ho continuato a provare seguendo l’istinto che mi ha portato a sfornare pani duri, bassi e pesanti. Poi la rivelazione: ho scoperto che nonna Agnese, una donna piccola, anziana, con un sorriso grassoccio da bambina, proprietaria della casa accanto alla mia, aveva in mano il segreto della panificazione e della lievitazione. Una piccola jana alla maniera di Chiriga, che mi ha iniziato ai misteri del lievito a sa sarda.

Poi ho studiato, letto, provato, parlato, pensato, provato, bruciato, panificato, provato, provato, buttato e ripreso, litigato e fatto pace, lievitato, lievitato, lievitato e ora eccomi qui. Ancora lievito, ancora studio, ancora provo e sbaglio, ma io e lei, Ikùssa, il mio lievito madre, siamo amiche. Ci vuole del tempo: la madre del pane è capricciosa, ci vogliono buone maestre (ma ne incontrerai sulla tua strada, basta cercarle), ci vuole tempo, ma una volta conosciuto il lievito madre non sarai più la stessa o lo stesso.

Sei pronta? Sei pronto?

Lievito madre: ecco come prepararlo

Durante i miei seminari parlo spesso del simbolismo e dei significati del lievito madre. Qui ti dirò che il lievito è cosa da janas, da fate. Ci hanno guidato loro fra i misteri del lievito, perché le fate, che che se ne dica, sono generose. O lo erano, perché secondo alcuni abbiamo davvero tirato troppo la corda e se ne sono andate a vivere dentro una pietra con la vista sul mare e con monti appuntiti a guardia delle loro spalle. E che gli uomini e donne se ne andassero a farsi benedire!

Ma se sai bussare bene, a quella pietra dico, le fate, nubili e silvane si fanno vedere. Fra i loro insegnamenti più efficaci uno che spesso è passato inosservato: se disponi del lievito madre, devi donarlo. Non ci sono scuse, non ci sono simpatie, non ci sono antipatie. Questa la regola, ma l’insegnamento che puoi vedere solo se ti impegni, è questo: il lievito non è tuo. Il lievito non è di nessuno. Lo maneggi, lo ami, lo tieni a casa tua, ma non è tuo. È di tutti. E se lo doni, torna. Se non lo doni… beh, di questo parleremo dopo.

Chi lo desidera, lo desidera per davvero, ha due strade da seguire. Busta A: puoi trovare qualcuno che lo ha in casa e chiederglielo. Busta B: puoi decidere di preparartelo da sola/o.

Se hai scelto di aprire la busta B niente paura, la ricetta da seguire è davvero semplice e nel giro di 9 giorni circa avrai un lievito robusto, spavaldo, ma non ancora stabile. La stabilità comunque non è sempre un vantaggio, per come la vedo io.

Giorno 1

Mescola in una scivedda (conca di terracotta) 150 gr di semola e 150 gr di acqua tiepida con una puntina di miele vivo. Se non hai una scivedda va benissimo anche un barattolo di vetro.

Mescola energicamente e poi copri con un panno dalla trama molto grossa o con il tappo del barattolo non avvitato.

Lascia riposare per 24 ore all’interno di una yogurtiera o in forno spento con lampadina accesa. Ricorda: la temperatura che ti garantirà la stima e l’amicizia del tuo lievito madre è quella di 26° – 29° circa.

Lascialo in santa pace. No dico davvero. Silenzio, caldo, e buona musica basteranno ai lieviti e batteri per risvegliarsi e crescere.

Giorno 2

Se la musica era buona e la temperatura giusta potresti già vedere i primi segni della fermentazione. Preleva metà della miscela preparata il giorno prima (la restante la puoi usare per preparare una sfoglia croccante) e aggiungi 75 gr di semola e 75 gr di acqua tiepida.

Mescola energicamente, tappa come detto per il primo giorno e lascia riposare al caldo per 24 ore.

Giorno 3

È probabile che il tuo lievito stia facendo sul serio. Procedi senza indugio. Preleva metà della miscela preparata il giorno prima e aggiungi 75 gr di semola e 75 gr di acqua tiepida.

Mescola energicamente, tappa come detto su e lascia riposare al caldo per 24 ore.

Giorno 4

Tutto tace. Il 4 giorno normalmente è il giorno in cui l’attività di fermentazione si interrompe. I primi lieviti e batteri sono probabilmente morti, ma non per sempre. Si tratta di un fisiologico intervallo di attività: torneranno e più forti di prima. Ma devi avere pazienza e non perdere la speranza.

Preleva metà della miscela preparata il giorno prima e aggiungi 75 gr di semola e 75 gr di acqua tiepida, come al solito.

Mescola, tappa e lascia riposare al caldo per 24 ore.

Giorni dal 5 al 9

Procedi per i restanti giorni come detto sopra e il tuo lievito a questo punto dovrebbe essere instabile sì, giovane senza dubbio, ma robusto e capace di affrontare anche qualche piccolo errore dettato dalla iniziale inesperienza.

Cosa mi ha insegnato il lievito madre

Parecchie cose, ma visto che si sta facendo tardi te ne racconterò solo sei.

Pazienza

Quando hai a che fare con il lievito madre, su framentu, sa madrighe, s’axedu, chiamalo come vuoi, questa cosa la devi imparare subito: devi avere pazienza. I tempi li detta lei, la madre del pane, e pazienza se non è cresciuta come volevi. La foto per instagram la scatterai la prossima volta, perché sì, se avrai pazienza la scatterai e sarà bellissima.

Diciamo che la madre del pane è in grado di mettere al suo posto anche l’ego più strabordante. Lasciala fare e lavorerà non solo sul tuo pane, ma anche su di te.

Il valore del tempo

Il tempo ha un valore, l’attesa pure. Un valore che avevo dimenticato. Ricordo ancora i primi risvegli del mio lievito. Non gli lasciavo un attimo di tregua: lo vegliavo, lo guardavo, lo toccavo, lo odoravo, gli parlavo. Se non è andato in terapia il mio lievito, c’è speranza per il lievito di tutti. Come mia figlia, è cresciuto nonostante me. Ho imparato cautamente che ciascuno ha i suoi tempi, e i tempi del lievito sono dannatamente lunghi. Ho imparato anche che pure i mei di tempi possono esserlo, dannatamente lunghi: lo devo rispettare, e gli altri pure lo devono rispettare. Perché il tempo non ha valore in base a quel che ci metti dentro, il tempo ha valore a prescindere. Un valore originario, primordiale. Anche se lo trascorri ad osservare su meriagu (di difficile traduzione: è la situazione di pace e ordine che si prova o si osserva sotto un albero potato geometricamente dalla tenaglia mandibolare delle pecore affamate) per un’intera giornata, il tuo tempo ha valore. Anche se lo trascorri a lievitare per un’intera nottata, il tuo tempo ha valore.

Complicità e dono

Della sorellanza sapevo poco. Giusto che si scrive con una r e con due l. Ebbene, il lievito madre e alcune altre vicende vissute negli altri anni mi hanno spiegato bene di cosa si trattava. Le sorelle di sangue o di elezione si scambiano cose: anche il lievito. E sono felici se le altre riescono nella vita e nella panificazione. Lo sono sinceramente. Perché il loro successo non implica l’insuccesso altrui, anzi. Sono una rete, sono un soccorso, sono una casa quando le altre sono crollate. Sono una salvezza queste sorelle. Circondatene.

Il lievito è uno di quei rari doni che una volta fatti ti rendono più ricca. Non te lo so dire a parole. Devi provare. E se hai una sorella di lievito sei piuttosto fortunata/o.

Per la cronaca, la sorellanza è aperta alle donne ma pure agli uomini e a quel punto, inventiamoci parole nuove, possiamo parlare di “frarellanza”, ma anche fratellanza andrà benissimo.

La futilità del possesso

Assodato che il possesso di qualsiasi cosa è del tutto effimero (proprietà, libri, idee, persone, amori, visto che alcuni trascorrono, altri si perdono per sorte o morte) il possesso del lievito è fra i più effimeri.

Ho sempre donato il mio lievito, fin dalla prima richiesta. Diciamocelo, la questione della pietrificazione che spetta alle donne che non lo donano mi ha messo da subito un pelino in soggezione, e per fortuna. Perché tutte le persone a cui l’ho donato spesso me lo hanno restituito: quando sbadatamente mi scordavo di conservarlo e infornavo tutto, quando si impigriva, quando lontana dalla mia cucina non lo avevo con me.

Non so se sia vero per il marito, ma per il lievito è una verità provata: lascialo libero di andare e lo vedrai tornare.

Il valore della cura

Un amico di recente mi ha detto che il lievito madre di questi tempi sta diventando il nuovo tamagotchi. Per i più giovani che non sanno cosa sia il tamagotchi, l’ignoranza è presto sanata: si trattava di un giochetto elettronico a forma di uovo, piccolissimo, da perderci la vista, creato nel 1996. Dovevi prenderti cura di una bestiola che nasceva, cresceva e se proprio non ci sapevi fare, moriva.

Il mio amico non c’è andato lontano. E’ tutto vero: del lievito madre te ne devi prendere cura. Te ne devi prendere cura. Te ne devi prendere cura. E per farlo devi dedicargli del tempo e impegno. Siamo in grado di farlo? Di prenderci cura di qualcos’altro oltre noi?

La magia è ovunque

Basta saperla vedere. È di certo dentro un panetto di lievito, che cresce e si ritira, che cambia forma e odore, che vive e collabora silenziosamente con il nostro apparato digestivo per farci vivere il più sani possibile.

Questo detto, ora ti starai chiedendo: e trascorsi i nove giorni? Che ci faccio con il mio lievito madre? Se lo chiedessi a me ti risponderei più o meno così: pensa a farlo nascere e crescere il tuo lievito, e trascorsi i nove giorni contattami per una ricetta a base di lievito madre o scatena il tuo mouse e online cerca preparazioni a base di framentu.

Il seminario online

Se ne vuoi sapere di più in merito al lievito madre e al significato che ha assunto in Sardegna registrati al seminario che si terrà venerdì 15 Maggio alle ore 17,00. Contattami per ricevere tutti i dettagli.

E buone lievitazioni.

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *