La magia dei dolci di Sant’Antonio Abate in Sardegna

Dolci di Sant’Antonio Abate in Sardegna: fra magia e tradizione

Le feste della tradizione regalano dignità al ciclo dell’anno e felicità alle mie giornate. Prendi ad esempio questo periodo. Potrebbe essere piuttosto triste e freddo eppure c’è Sant’Antonio che scalda con il suo fuoco, con i falò, con i baffi di cenere sul viso e il gusto di sapa in bocca, con il Carnevale che arriva e la frittura che non c’è ancora ma che già si sente.

Domani, 16 Gennaio si accenderanno i primi fuochi in onore di un Santo antico, ma nemmeno troppo.

Non mi soffermo sul dettaglio, già che l’ho fatto molte altre volte e in molte altre sedi (vedi “Il fuoco dei sardi: dietro la leggenda di Sant’Antonio Abate” in Est Antigoriu – La Riflessione 2011). Dirò qui, piuttosto brevemente che a ogni festa cristiana che conosciamo e festeggiamo ne corrisponde una pagana che corre ben più indietro nel tempo. E questo lo dico non per regalare meno valore alle feste cristiane, ma per offrire più consapevolezza a chi le festeggia.

Sant’Antonio: un rituale di fondazione della natura

D’accordo, quest’anno è stato leggermente anomalo, togliamo il leggermente e lasciamo l’anomalo. Eppure, dimentica il caldo, dimentica lo scirocco degli ultimi giorni, dimentica l’umido dicembrino esasperante, eppure in prossimità dei festeggiamenti in onore di Sant’Antonio il clima è mutato drasticamente. E non per via del santo, questo è ovvio, ma per via del fatto che questo è un periodo di passaggio durante il quale da sempre si assiste ad un radicale mutamento climatico che noi chiamiamo inverno. E l’uomo festeggia la forza della natura che cambia e inevitabilmente influenza la sua vita. Lo facevamo ieri, lo facciamo anche oggi.

Il maiale di Sant’Antonio

Puoi anche saper poco di questo santo, ma è probabile che tu lo abbia visto in qualche immagine sacra. Ha sempre un bastone ad accompagnarlo e un maiale. Del bastone abbiamo già parlato: ci ha custodito il fuoco quando lo ha rubato agli inferi per donarlo alla Sardegna, del maiale parliamo oggi.

Diventa il suo migliore amico durante il medioevo quando i frati antoniani si accaparrarono il diritto di far allevare un maiale a spese della comunità. Questo maiale girava libero per il villaggio e dintorni e tutti lo nutrivano, perché nutrire il maiale era un po’ come nutrire il santo. Quando questo veniva ucciso la sua carne veniva in parte devoluta ai poveri.

E’ comunque probabile che la figura a cui Sant’Antonio ha rubato il posto già da prima si accompagnasse ad un maiale, sacro alla Dea Madre, in strettissima associazione con il mondo ctonio e dei defunti.

La figura di Sant’Antonio è per altro connessa al mondo dei defunti e sotterraneo per molte altre motivazioni: il fuoco di cui abbiamo detto sotterraneo e infernale, il maiale come fidatissimo amico, le questue ad opera dei più piccoli vicari dei morti, i dolci preparati in suo onore, tutti (o quasi) a base di sapa e pistiddu, l’ingrediente principale per la preparazione dei dolci in onore dei defunti.

Ma i dolci confezionati in onore di Sant’Antonio sono dolci speciali, dolci che hanno lo scopo di legare a sé il santo, come con un contratto.

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La magia dei dolci di sant’Antonio

Tutti a base di sapa e pistiddu (saba addensata con l’uso di semola posta in cottura) che avevano e hanno almeno due scopi: ringraziare il santo per grazie ricevute, o richiedere direttamente al santo una futura grazia.

Ma qui viene il bello: la componente pagana della religiosità sarda salta fuori inevitabilmente. Confezionare un dolce in onore di Sant’Antonio non significa semplicemente richiedere una grazia, significa legare il santo a sé, significa quasi obbligarlo a fare la grazia in un atto di religiosità che somiglia molto di più alla magia. A legare il santo a chi ha confezionato il dolce è la logica della reciprocità che influenza ancora oggi grandemente la Sardegna.

Basti pensare ai modi di dire che ancora oggi circolano nell’isola “Su donu est depidu” (il dono è debito), “prattu chi andat, prattu chi torrat” (piatto che va, piatto che deve tornare “pieno”), “dare e leare faghet amare” (dare e ricevere fa amare).

Il santo, assimilato ora a un qualsiasi vicino di casa che riceve in dono il regalo non ha possibilità: deve restituirlo, è obbligato a sa torradura.

Il legame fra sardi e santo è dimostrato anche dal fatto che i dolci in suo onore si confezionano anche durante il lutto, già che il legame di reciprocità non doveva essere mai rotto.

I dolci per Sant’Antonio si somigliano molto: che si tratti di pan’è saba, di pistiddu, di cogone de pistiddu, di paniscedda, di tiriccas, di pane nieddu o seddines il concetto è sempre il solito: pistiddu involto in semola che assume forme anche molto diverse, in alcuni casi squisitamente artistiche.

Il dolce sfornato viene portato in chiesa per la benedizione: io che metto tutto sotto una lente pagana vedo in questa benedizione una sorta di “abrebadura” del dolce che viene potenziato, diventa magico a tutti gli effetti, terapeutico o protettivo.

A potenziare il dolce ci pensa non solo la benedizione ma anche il fuoco: a Bono ad esempio le donne fanno girare il dolce intorno al falò, tre volte a destra, tre volte a sinistra, in una sorta di comparatico fra loro e il santo.

Anche a Nule il pane di Sant’Antonio viene portato in chiesa per la benedizione. Sul dolce si modella un porcellino con tanto di campanella d’oro e questo, ridotto in pezzi si conserva per tutto l’anno in casa o nell’ovile. Proteggerà da parecchi mali: è ideale contro le scottature se lo si applica sopra, protegge l’ovile e i campi dagli incendi estivi, ma anche la casa e chi la abita. L’uso purtroppo si sta lentamente perdendo, ma confido nelle laboriose donne del Goceano.

A proposito di dolci in forma di maiale a Ovodda pare che un tempo si confezionasse un piccolo pan’e sapa in forma di maialino, dedicato ai più piccoli con tanto di zampette e orecchie, realizzate con due mandorle.

Detto questo non c’è che l’imbarazzo della scelta: io quest’anno mi cimenterò nella realizzazione de sa cogone de pistiddu, tipica di Bono, mia seconda casa. Ovviamente offrendo il dolce al santo non dimenticarti di utilizzare l’immancabile frase rituale “ Sant’Antoni accetta sa pregadoria” (Sant’Antonio, accetta questa mia preghiera).

Per approfondire

Se vuoi approfondire ti consiglio la lettura di questi bellissimi libri:

Buttita – Le fiamme dei Santi, Usi rituali del fuoco in Sicilia

Solinas – Cibo, feste, fame. Spartire e condividere

Paulis – I dolci e le feste.

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