Carnevale sardo da mangiare

Abbiamo salutato sa Paschixedda, acceso i fuochi di Sant’Antonio e dato il benvenuto ai giorni della Merla. Ora non ci resta che attendere il Carnevale che in Sardegna porta un’abbondanza di festeggiamenti (se ne contano in tutta l’Isola almeno 15, tutti diversi) ma per i buongustai come me e te è soprattutto un tripudio e apoteosi della frittura. In casa mia il dolce che ha la meglio su tutti gli altri durante il Carnevale è la zeppola, con la variante dei fatti fritti. Ricordo che a mio nonno piacevano così tanto che durante gli ultimi periodi, nonostante non mangiasse niente, aveva desiderio di zeppole e ricci di mare… e far le zeppole in casa, con tua nonna e tua madre, con una che frigge, le altre che gettano nell’olio e lo insemolano, sentire quel profumo di scorza d’arancia e di frittura, soffiare sulla ciambella perché freddi il prima possibile, scuotere il dolce dallo zucchero perché sia più light, è qualcosa che ti resta dentro per tutta la vita.

Certo, zeppole e fatti fritti non sono gli unici dolci che apprezziamo in famiglia: ci sono le meraviglie e i ravioli dolci ripieni di pasta di mandorle e fritti… ma poi, a cercar bene Carnevale sull’Isola è molto altro ancora.

Tanto per non rimanere a digiuno di informazioni interessanti c’è da dire che ogni carnevale sardo può essere letto come un incentivo alla fine dell’inverno. Con i festeggiamenti carnevaleschi l’uomo da una certa spintarella all’inverno che canonicamente ci saluta ogni anno il 20 di marzo. E’ solo a quel punto che i semi messi a dimora iniziano a fiorire e la terra torna a conversare con gli uomini grazie ai fiori, ai frutti e ai profumi.  In un certo senso si può dire che durante i rituali che si svolgono in occasione del carnevale sardo si tendi disperatamente d’allontanare il male (figurato come siccità, fame, carestia e dunque inverno) e si propizi il ritorno del bene (da intendersi come abbondanza, pioggia, sazietà e naturalmente primavera).

D’altronde la vittima “sacrificale” nei carnevali sardi non manca mai, anche se in alcuni casi è ben nascosta. C’è sempre la rappresentazione di un animale che viene domato o ucciso o magari il fantoccio che viene bruciato, quasi che la terra per risvegliarsi pretendesse il suo dazio fatto di sangue o di cenere.

Di frittura parlavamo, e già siamo presi da una certa acquolina in bocca. I dolci che spuntano fuori come funghi in tutta l’isola sono tutti diversi, per nome ma anche per procedimento di preparazione e ingredienti. Eppure a dover cercare un filo conduttore è possibile parlare di almeno 2 tipologie di dolciumi:

  • le sfoglie non lievitate, che prendono forma di trecce o listarelle molto somiglianti a dei ricami, in alcuni casi ripiene di un contenuto parecchio dolce;
  • gli impasti lievitati, aromatizzati con abba ardente e fil’è ferru, arancia o ricotta.

Impossibile preferire gli uni agli altri: sono tutti gustosissimi e tutti contribuiscono a creare l’atmosfera giusta per la festa.

Le sfoglie non lievitate

Sono croccanti e in più di un caso l’impasto base per la loro preparazione è composto dalla semola  e dallo strutto. Ci sono ad esempio gli acciuleddi, delle deliziose treccine fritte che ben conoscono nella zona centrosettentrionale dell’isola; una variante molto delicata è rappresentata dalle rugliettas di Oliena che fa quasi tristezza mangiare tanto sono belle o dalle orillettas di Orgosolo, ugualmente da guardare prima e da mangiare poi!

Il mio dolce preferito, per lo meno per quel che riguarda l’estetica (quest’anno mi cimenterò nel suo confezionamento) è la arrosa ‘e mìndula (la rosa con il cuore di mandorla). Descriverla è davvero semplice: si chiama rosa non per niente! Quando frigge le sfoglie/foglie si gonfiano e somiglia molto da vicino ad una rosa con un cuore di mìndula. Si può scegliere di colorarla di rosa o di giallo, ovviamente con l’uso di coloranti naturali: alchermes e zafferano in questo caso la fanno da padroni. La si confeziona in tutto il Campidano di Cagliari, ma soprattutto a  Quartu Sant’Elena.

Poi ci sono le meravìglias, che l’Italia conosce come chiacchiere, le deliziose orillettas (mia suocera originaria di Bono ne prepara di deliziose) e i ravioli ripieni. La variante nel caso dei ravioli (localmente detti culurzones o culurgionis) è rappresentata dal ripieno appunto: ci sono i culixonis de mìndula i gugligliones con pasta reale, le bananas di cuglieri con glassa e frutta secca, i mindulati, i culurgiones de sàmbene di Neoneli e i culugiones de recottu: insomma ce n’è davvero per tutti i gusti!

Gli impasti lievitati

Parli di impasti lievitati e pensi alle zeppole chiamate davvero in mille e una maniera: tzippulas , burte pesadu, busones, cattas, gathas, frisgioli e  anche brinyol. Possono essere tonde o lunghe come una spirale che si avvolge su se stessa, aromatizzate con acqua vite, arancia o limone e impastate con l’uso di ricotta o patata a seconda delle zone. Quel che non cambia è che se ne mangi una, non riuscirai a smettere. Pare che un tempo fossero confezionate anche per natale, pasqua e durante il periodo dei morti, ma oggi la zeppola è carnevale. Chiudiamo con quelle piccole palline di ricotta fritte che sono letteralmente una delizia: li si chiama arrubiolus, brugnolus de soru, rujolos ma in comune hanno l’ingrediente di base: la ricotta.

Per le ricette visita il sito www.koendi.it. E tu? Conosci qualche altro dolce carnevalesco di cui vorresti parlarci?

Fonti: Dolci in Sardegna, Ilisso. Nuoro, 2011

Maschere in Sardegna – Franco Ruiu (http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=188431)

 

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