Il Sulcis e i suoi minatori: sotto terra si spera

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Leggi la storia e ti convinci che esistono terre che soffrono da sempre, i cui abitanti lottano per vivere, lottano per lavorare, lottano per morire, terre che sono quasi paradiso ma che non riescono ad abbandonare il proprio purgatorio: è così che penso al Sulcis oggi. 

Impensabile, viene da dire a chi come me il Sulcis l’ha visitato con i suoi occhi, con i suoi piedi, con il suo cuore e con le sue aspettative mai tradite.

E’ una terra baciata dalla Dea che l’ha voluta sfrontatamente bella, forte e fiera, di contrasti e dolcezza: tutto è nei paesaggi, nei colori, nelle stagioni, nella cucina e nel vino di quelli che la leggenda vuole maureddini, piccoli, scuri, ma dotati di poteri sovrannaturali che, c’è da dirlo, hanno consentito loro di resistere fino ad oggi all’opportunismo, ai furti, alle male gestioni.

Oggi nel Sulcis 120 cuori sperano a 400 metri sotto il livello di Madre Terra, con 350 chili di esplosivo, che delle speranze oggi non si fida più nessuno.

Nessuno sa come andrà a finire la questione e oltre il teatrino dei politici che staranno con i minatori fino a quando “non sarà convocata la Camera“, delle parti politiche chiamate in causa, e sei potentati industriali che se ne sbattono altamente di sbloccare accordi di rilancio, resta solo la consapevolezza inquietante che lavoro non è più diritto.

Photo Credit: Federico Patellani

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