La giuggiola: ricette, usi, brodo e tradizioni

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Qualche tempo fa guardavo un programma sulle cure che vengono da oltre oltre mare, terra e cielo. In Cina, si diceva, usano per una marea di situazioni diverse il dattero cinese, che poi esiste anche da noi, in Italia e viene chiamato udite udite giuggiola.

Fino ad allora non me n’ero curata poi tanto: la mia conoscenza in fatto di giuggiole non andava oltre il noto modo di dire: andare in un brodo di giuggiole. Indagando ho scoperto non solo che le giuggiole crescono anche a casa, ma che ne abbiamo una pianta in giardino. Per la serie: la natura vede e provvede.

Il brodo di giuggiole o succiole

Allora, tanto per capirci, il brodo in origine era di succiole, ossia castagne bollite con la propria scorza (buonissime, le hai mai provate?). L’espressione tipicamente toscana, secondo quanto mi riferisce il sito della Treccani, viene in seguito cambiata e dalle succiole si passa alla giuggiole.

Drupa che vai, gusto che trovi: pare che a contare fosse il gusto, incredibilmente delizioso delle une e delle altre. Era quel gusto dolce dell’una o dell’altra a regalare quello status di estrema felicità che mandava appunto in brodo di giuggiole / succiole.

Pietro Fanfani e Costantino Arlia così scrivono: “Dicono andare in broda di giuggiole per godere di molto di chicchessia, averne somma compiacenza, sdilinquire dal piacere, ma dicono male; rettamente s’ha a dire andare o andarsene in broda di succiole,che è l’antico modo andare in brodett oo in guazzetto, perché le giuggiole non si lessano come le castagne o marroni sbucciati che si dicono succiole … e se le si cuociono, se ne fa con altri ingredienti una scottatura per la tosse, non si fa una broda”.

Insomma chè chè ne pensiono Pietro Fanfani e Costantino Arlia, il brodo di giuggiole esiste e si prepara così:

In una pentola, a fuoco basso unisci tutti questi ingredienti:

1 tazza di giuggiole, 1 tazza di uva bianca (o fichi), 2 tazzine di acqua, 1 tazzina di vino e rosso, 1 tazza di zucchero, buccia di limone, tazza di mele tagliata a pezzi con buccia e semi.

In una pentola metti le giuggiole, l’uva e lo zucchero. Aggiungi l’acqua e metti sul fuoco. Lascia cuocere a fuoco lento e con il coperchio, per 30 minuti e aggiungi poi mele e vino.

Lascia trascorrere altri 15 minuti e intanto grattugia il limone. Rimetti sul fuoco per altri 10 minuti. Poi filtra con un colino, metti in piccole bottigliette e lascia raffreddare.

A questo punto tappa e conserva in luogo asciutto per anche un anno. Una volta aperta la bottiglia si consuma entro 3 mesi. Usa per curare raffreddori, influenze e tosse.

Le proprietà delle giuggiole

Leggi qui: dopo di che vorrai anche tu una pianta di giuggiole. Ah se te lo stai chiedendo crescono grazie al seme e grazie al taglio e trapianto dei polloni che spuntano dalla base della pianta adulta.

La faccio breve e ti dico che le giuggiole fanno benissimo e sono buonissime. Hanno inoltre una sottil virtù metamorfica: da giovani hanno il gusto e la consistenza di meline dotate di seme, da anzianotte hanno il sapore dei datteri. Ma se questo non ti basta ecco qualche info aggiuntiva prelevata dal sito brododigiuggiole.it

“Le giuggiole contengono ben 20 volte in più di vitamina C rispetto a qualsiasi tipo di agrumi. Sono ricche di vitamine del complesso B, come la vitamina B1, B2 e B6. Per quanto riguarda i minerali, la giuggiola contiene manganese, potassio, ferro, calcio e fosforo”. E aggiungo che si tratta di un efficace lassativo, pettorale ed espettorante, svolge una funzione immunitaria e antiossidante da non sottovalutare ed in infuso ha proprietà calmanti e rilassanti. Per questo viene usato per combattere gli stati di ansia. Se ne vuoi sapere di più, ti rimando al sito.

In Sardegna

Le giuggiole, figlie delle pianta detta Ziziphus Zizyphus, sono note anche in Sardegna. Venivano usate per creare muretti vegetali di confine perché cresce facilmente e le sue spine la rendono difficile da valicare. I rami inoltre venivano incurvati verso il terreno creando un vero muro verde. Non è un caso che in lingua sarda sia detta Spina ‘e Cristu. (Spina di Cristo)

Anche sull’isola le drupe del giuggiolo erano usate principalmente per la cura delle prime vie respiratorie. Considerato non a torto ottimo pettorale espettorante veniva consigliato per le tossi dei bambini in sciroppo. Questo veniva preparato come detto sopra con l’aggiunta di uva passa (piuttosto che fresca) e con l’uso di fichi secchi.

Il frutto si mangiava fresco come lassativo e lo si conservava per tutto l’inverno esponendolo al sole e passandolo in forno, per evitare che si formassero i vermi.

Curiosità: per svezzare un bambino lattante, si spalmava sul capezzolo della madre del miele; si applicavano infine foglie di giuggiolo: questo aveva lo scopo di bloccare la montata lattea.

Detto questo passo, sforno le giuggiole che ho in forno, e chiudo. Se conosci qualche storia in merito alle giuggiole, non ti far pregare e condividila con noi!

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