Luna piena di luglio: la luna delle erbe

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Luna piena di Luglio: la luna delle erbe

Si era svegliata e non sapeva perché. Si era sentita tirare il piede da sotto le lenzuola e lo aveva ritratto, ma senza paura.

“Sei tu?”.

Ma non aveva risposto nessuno e lei priva di alcuna espressione in volto aveva lanciato gli occhi a cercare fuori dalla finestra un’ombra. Quella finestra che era piuttosto una feritoia le aveva proposto una infinita varietà di ombre, ma non quella che avrebbe voluto vedere lei.  Il silenzio era rotto solo dal ronzio del vecchio frigorifero che in cucina macinava aria calda restituendola, al suo interno, fresca e pungente. Il rumore era metallico come di caldaia vibrante.

Si ricordò di quando in un libro lesse del rumore di caldaia vibrante che lei non aveva mai sentito prima di allora. Ecco, quel rumore preannunciava l’arrivo, in volo, delle streghe. Si stropicciò gli occhi come faceva quando era bambina, come un gatto, fino a che il buon senso non le disse di fermarsi. Aveva sonno, aveva sete di buio, aveva fame di luna, aveva languore di streghe, di ombre.

Si mise indosso quella sottoveste di lino pensante. Era stata molti decenni prima di una donna che lei non avrebbe mai conosciuto. Era stato un regalo di un’amica che conosceva il suo amore per i tessuti antichi e lei quella sottoveste l’aveva custodita come un tesoro prezioso e povero, ma che non avrebbe mai ceduto. Sui seni era ruvida e le accarezzava il ventre.

<<Se potessi parlare…>> disse rivolta a quella veste bianca, o forse lo pensò solamente. Non aveva alcuna importanza, nessuno l’avrebbe sentita.

Scalza e al buio uscì dalla sua stanza dando appena uno sguardo al letto caldo che l’aspettava, come una bocca aperta. Il corridoio lungo e buio la deglutì lentamente sputandola in cucina, davanti a quel frigo che ora, per scherzo destino era silenzioso e pallido. Aggirò il tavolo, arrivò all’uscio aprendolo silenziosamente.  Il fresco d’estate notturna la svegliò definitivamente, eppure sognava.

La luna quella notte era piena, e la luna quando è piena, indiscussa matrona di un cielo privo di nuvole è cento volte meglio di un faro, di una torcia, di una candela. Tutto era bagnato di una luce azzurrognola e stagnante, benevola, benefica. Tutto era magico.

Le venne in mente quel racconto di  ragazza, che parlava d’estate, di una vigna, di una notte di luna piena. Quella sera, leggendo le parole della scrittrice, si chiese se davvero quei bambini che attraversavano la notte guidati dai raggi di Selene avrebbero potuto vedere i propri piedi. Sì. Li avrebbero potuti vedere e senza dubbio alcuno. Ora lo sapeva.

Si sentiva la protagonista di un racconto, sola, a galla nella notte, con cani che abbaiavano oltre le montagne e grilli che gorgheggiavano dietro le siepi basse di lentisco e mirto. Si sentiva come la protagonista di un romanzo, nel cuore di una notte luminosa, e fece quello che la protagonista di un qualsiasi romanzo avrebbe fatto. Aprì il pesante cancello di ferro arrugginito e camminò alla ricerca del cuore della notte, nella speranza di incontrare le sue ombre, i suoi antenati, la Mamma del Grano, la sua fata madrina, nella speranza di vivere un’avventura, la sua avventura.

 

 

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