1 Marzo in Sardegna: la festa della luna

1 Marzo in Sardegna: di rugiada, luna e salute

Nessuno lo ricorda più, ma c’è stato un tempo nel quale la Sardegna celebrava quel particolare momento di passaggio tra il finire di febbraio e l’inizio di marzo. E oggi ti racconterò come e soprattutto perché.

Nessuno lo ricorda più, ma io non potevo dimenticare.

1 marzo nella Sardegna meridionale degli anni 50 del novecento

E’ stata tutta colpa di Pinuccia Piscedda. Tempo fa mi sono imbattuta in un suo studio (nemmeno troppo casualmente. Per trovare lo studio in questione ho mosso tutte le biblioteche di Cagliari) e il 1 marzo mi è entrato nel sangue. E’ la festa della rugiada, della luna, della magia. Potevo farne a meno?

Durante la sua ricerca (Il primo marzo in alcune località della Sardegna meridionale Brads, 1976), Pinuccia Piscedda segnala la presenza, nelle zone di Teulada, Santadi, Sant’Anna Arresi, Domus de Maria, Villaperuccio, di un complesso di usanze interamente concentrate sulla notte di passaggio che separa Febbraio da Marzo.

Gli elementi ricorrenti in questo corpus culturale sono diversi, ma la vera protagonista è la rugiada portatrice di salute, cura, e fertilità.

Quando in Sardegna dici rugiada stai intendendo luna. E quando lessi nello studio di Pinuccia “rugiada”, pensai che sull’argomento avrei dovuto sapere tutto.

Oggi non so tutto, ma per certo posso dirti che il 1 marzo era festa posta sotto il dominio lunare e fra un attimo ti racconterò perché.

Nello studio tornano con frequenza anche i motivi fortuna, e abbondanza che in questo periodo dell’anno possono essere rubate all’altro e portate nella propria casa / campo. Rare testimonianze raccontano la possibilità di infliggere pene e dolori generati magicamente con l’uso di pupattole vegetali.

Non v’è dubbio dunque che questa notte sia stata intesa magica, alla stessa stregua della notte di San Giovanni, sua gemella.

La rugiada: cura e abbondanza

La rugiada, nelle località suddette è nominata s’arrosu ‘e mrartsu (guazza/ condensa / rugiada di marzo) e veniva raccolta la notte che precedeva il primo marzo. Le motivazioni erano almeno due.

1. La rugiada e la cosmesi

La rugiada veniva usata per lavarsi il viso, le braccia, le gambe. In questo modo durante l’anno seguente si sarebbero prevenute screpolature, insolazioni, macchie sulla pelle dovute all’abbronzatura. L’efficacia della rugiada era strettamente connessa ai tempi, luoghi e modi di raccolta.

In alcuni casi poteva essere raccolta in qualsiasi campo coltivato, in altri solo in campi coltivati ad orzo e/o foraggio. In altri casi ancora la rugiada doveva essere raccolta solo dalle foglie del cardo lanaiolo (kanna de morai) o nella datura stramonium (in Sardegna erba de dente, ischizza babbau, nughe agreste, stramòniu)(in Italia erba del diavolo, erba maga, noce spinosa, stramonio). Solo in Villaperuccio si ricordava che se la cura fosse stata ripetuta per tre giorni si sarebbe stati esenti, per l’intero anno, dalla formazione di qualsiasi eczema. 

Vincolo sempre ricorrente è quello relativo al momento della raccolta: la rugiada doveva essere raccolta sotto gli influssi della luna, prima del sorgere del sole. (Nota per tutte le Medea all’ascolto: da brividi eh? Ma non è finita qui).

Mi preme qui ricordare che la cosmesi non è volta alla sola bellezza. Bellezza in questo caso significa salute. L’uso della rugiada aveva dunque scopo preventivo e/o protettivo.

Le connessioni con i rituali legati al ciclo di San Giovanni sono evidenti. In San Giovanni si parla raramente di rugiada, ma l’uso dell’acqua dei fiori ha pressoché le medesime funzioni di protezione. L’acqua dei fiori (per saperne di più visita questa pagina) (questa) inoltre depit selenai, deve selenare. Qui è importante chiarirsi. Selenare non necessariamente significa “essere esposta ai raggi lunari”. E’ più corretto dire che debba essere esposta alla rugiada visto che serenu e selenu sono uno dei nomi più ricorrenti, in Sardegna, per definire la rugiada.

Tutti d’accordo che l’acqua dei fiori non debba essere esposta agli influssi solari e questo è un altro punto in comune fra il 1 marzo ed il 24 di giugno.

Vien da pensare che gli usi del 1 di marzo, un tempo forse ben diffusi in tutta l’Isola di Sardegna, siano stati traslati per comodità e più facile controllo all’interno del ciclo successivo, quello di San Giovanni per il quale la cristianizzazione è altamente riuscita.

2. Rugiada e abbondanza

Il valore dell’elemento è messo in chiaro dal fatto che esistano varie modalità di furto della rugiada. Qualunque cosa venga rubata è da ritenersi preziosa. La rugiada è più che preziosa: la rugiada è sacra perché porta fertilità nei campi e abbondanza nelle case.

Solo un’altra cosa in Sardegna, da che mi risulti, era sottoposta al furto magico: è il caso de sa ballariana, Rugiada e Ballariana hanno qualcosa in comune, ma ne parleremo altrove. In questo caso è utile sapere che il furto è definibile magico e/o rituale visto che segue iter piuttosto ferrei. Tempo, modalità, materiali sono fondamentali.

Il tempo: la rugiada viene rubata la notte o all’albeggio. Prima comunque che sorga il sole.

Le modalità: in alcuni casi il ladro/a deve presentarsi nel campo altrui completamente nudo, pena l’invalidità del furto. L’essere scalzi, nudi, portare i capelli sciolti (alla maniera di Medea e Circe, per intenderci), aveva l’unico scopo di non avere indosso nodi. Del potere del nodo abbiamo parlato altrove.

I materiali: per effettuare il furto è richiesto l’uso di un lenzuolo (in alcuni casi caldo del sonno del ladro) e/o una tovaglia. Fondamentale che il tessuto fosse in lino e tessuto in casa.

Iter: il furto magico doveva così avvenire. Prima del sorgere del sole il ladro solo o in compagnia di un socio doveva recarsi nel campo altrui. Il campo poteva appartenere a una persona particolarmente odiata.

Con il rituale si poteva rubare la fortuna altrui. Il furto della rugiada avrebbe significato la mancata maturazione delle colture di quel specifico campo. La rugiada assorbita nel lenzuolo, una volta strizzata nel campo di grano del ladro, gli avrebbe di contro garantito un’annata eccezionale.

Non sfugga qui la connessione fra rugiada, abbondanza e fortuna. La rugiada, specie se raccolta in quel particolare periodo, è garanzia di vita, prosperità, felicità.

La notte in cui si ruba la fortuna

Per rubare la fortuna le modalità di furto erano diverse e non riguardavano solo la rugiada. Vincolo unico: che tutto fosse svolto tra l’ultimo giorno di febbraio e il primo albeggio di marzo.

Grano. Si sarebbero dovuti rubare 4 fasci di grano nel campo del rivale. Era d’obbligo che questi venissero posti in forma di croce nel proprio campo. L’abbondanza sarebbe stata trasferita tempestivamente nel proprio campo.

Pupattole. Altra tecnica per sottrarre la fortuna altrui consisteva nel preparare una pupattola di ficodindia alla quale sarebbero state inflitte cento e una punture (cento e unu stampu). Intanto sarebbe stato necessario recitare le misteriose oratzioni po ndi furai sa fortuna.

Rugiada: approfondimenti

La connessione che qui dobbiamo stringere è quella fra rugiada e luna.

Era certezza condivisa che la rugiada fosse un prodotto diretto della luna che portasse salute (le madri facevano rotolare i bambini fra le erbe cariche di rugiada del 1 marzo per proteggerli da qualsiasi malattia durante l’anno seguente. Fra le erbe più gettonate la pervinca), bellezza (vedi sopra), fertilità (dei campi, degli animali e delle donne. Alle donne che non riuscivano nel concepimento di un bambino durante la notte di San Giovanni era consigliato di sfregare i propri genitali sull’erba ricca di rugiada), abbondanza e fortuna (la rugiada era rubata soprattutto per sottrarre abbondanza ai campi e fortuna ai proprietari dei campi).

Il fatto che la rugiada sia protagonista dei festeggiamenti in questione, ci deve far pensare che un tempo il 1 marzo fosse data di rilievo nel quale venivano festeggiate divinità lunari o alla luna connesse e forse la luna stessa.

1 marzo nel mondo antico

Una rapida ricerca nel mondo romano ci consente di confermare il sospetto.

Il 1 marzo nel mondo romano avvenivano almeno due cose rilevanti.

Il fuoco custodito dalle vestali veniva spento e riacceso come fuoco nuovo. In questo senso il 1 di marzo era inteso come secondo inizio d’anno. Un vero e proprio nuovo Capodanno. Questo significa che si trattava di una data realmente rilevante. Un giorno di potere.

Si festeggiavano i Matronalia. In occasione dei Matronalia la dea festeggiata era la potente, femminile, generativa Giunone, invocata dalle partorienti con il nome di Iuno Lucina. Fra i vari epiteti con i quali Giunone era nota c’è anche “Moneta” fatta risalire ad una radice indo europea il cui significato sarebbe Luna, lunazione. Il 1 marzo era festa di Giunone, e dunque di Luna. E già che Giunone / Luna era in connessione con il parto, il concepimento, ed il ciclo mestruale, non sorprende che la rugiada, sua espressione, fosse intesa come utile per generare salute, abbondanza e soprattutto fertilità tutti strumenti che conducono alla tanto ricercata fortuna. La stessa luna ancora oggi, in Sardegna, viene invocata per avere forza, agilità e soprattutto soldi. (Per saperne di più su Luna e Sardegna visita questa pagina)

I conti iniziano a tornare?

I Matronalia di Marzo continuano ad essere festeggiati a lungo, anche dai cristiani per “convenzione sociale”, racconta la chiesa. Evidentemente in Sardegna, la convenzione sociale era più che altro convinzione rituale se ancora oggi l’isola se ne porta il segno.

Usi nel mondo

Merita accennare, seppur brevemente che il 1 marzo è festeggiato anche in altre località del mondo, collegate da questo e altri usi alla Sardegna. Mi riferisco alla Romania, Moldavia, Bulgaria, Macedonia del Nord, Grecia.

In occasione del Mărțișor (piccolo marzo) vengono regalati piccoli amuleti a uomini e donne.

L’amuleto consiste in una corda composta da fili rossi e bianchi intrecciati. Il Mărțișor è considerato talismano protettivo che bilancia il bene ed il male.

In Bulgaria l’amuleto è detto marteniza e può consistere in semplici fili rossi e bianchi, in bracciali o bambole di stoffa, lana e cotone.

Quando in forma di fili e/o il bracciale o collana amuleto viene indossato il 1 marzo. Andrà poi appeso su un albero o posto sotto una pietra (esprimendo un desiderio) al primo segnale di primavera. Segnali di primavera sono il volo di una cicogna, una rondine o un albero in fiore. Le martenize non possono essere indossate mai oltre il 1 aprile.

In queste località il 1 marzo viene ritenuto giorno festivo: tradizionalmente si riteneva che Baba Dochia, la Grande madre Terra, associata speso alla Giunone romana, in quel giorno non dovesse essere disturbata: proprio durante quella giornata decide se risvegliare la primavera o mantenere ancora vivo l’inverno.

La presenza della festa del Mărțișor sia in Romania che in Bulgaria fa ritenere l’uso antecedente alla romanizzazione nel caso della Romania e alla slavizzazione nel caso della Bulgaria. Il sub strato comune dovrebbe essere quello daco-trace.

Sarebbe interessante scoprire se anche per la Sardegna si possa trovare un sub strato precedente alla romanizzazione.

Conclusioni

Il primo marzo, ancora durante la prima metà del novecento era ritenuto in Sardegna giorno di potere, da dedicarsi a pratiche indirettamente connesse a culti lunari, di rinascita e ripartenza.  

Questo complesso di usi e credenze conferma la stretta connessione esistente fra sardo e luna, ancora oggi intuibile.

Per quanto il substrato romano non possa sfuggire, non è improbabile che il periodo fosse da ritenersi sacro anche in ambiti precedenti.

Il recupero di questo complesso culturale, come avvenuto con l’acqua dei fiori in occasione del solstizio e San Giovanni, è più che auspicabile. Potrebbe riportare le donne e gli uomini in natura ad osservare qualcosa di incredibilmente effimero e potente: la rugiada.

Motivi della ricerca

Ho condotto questa ricerca allo scopo di indagare e recuperare usi antichi in gran parte dismessi tra gli anni 50 e 70 del secolo scorso. Questo corpus tradizionale è stato messo da parte, come al solito accadeva, a causa della industrializzazione imperante, che fece molte promesse mai rispettate.

I motivi che danno giusficazione al mio interesse sono principalmente tre.

  1. Coesione sociale e contatto con la natura. Che questi usi siano stati in gran parte dimenticati non rende la ricerca inutile e il loro studio insensato visto che ancora oggi potrebbero avere una funzione di coesione sociale e contatto con il mondo naturale davvero auspicabile.
  2. Contro narrazione. Questo studio può creare un link a culture altre. I festeggiamenti in onore del 1 marzo sono noti non solo in Sardegna ma anche in altre località (si veda la Romania, Moldavia, Bulgaria, Macedonia del Nord, Grecia). Per il sardo e la Sardegna è utile mettere in chiaro questo genere di connessioni. Troppo a lungo si è raccontato di un’isola isolata. E’ opportuno, ad oggi, per consapevolezza degli isolani, che i legami culturali che un tempo vedevano la Sardegna protagonista, vengano messi in chiaro.
  3. Presenza sostenibile dell’uomo nel suo habitat. Infine non sfugga che i festeggiamenti in onore del 1 marzo, lunari, animistici, naturalistici, una volta riscoperti consentiranno una connessione più forte e forse una permanenza più sostenibile nel nostro habitat.



Fonti

Per la realizzazione dello studio i materiali presi in esame sono stati principalmente tre:

Il primo marzo in alcune località della Sardegna meridionale di Pinuccia Piscedda, Brads, 1976

Le piante nella tradizione popolare della Sardegna, Aldo Domenico Atzei, Carlo Delfino editore

Le porte dell’anno: cerimonie stagionali e mascherate animali, Enrico Comba, Margherita Amateis, OpenEditionBook

Contributi web



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